Como, nascosta a ridosso del suo lago, rimane invisibile nella cavità chiusa tra il monte di Brunate e il colle del Baradello, segnalata soltanto da quella torre che s’innalza con suo severo annuncio di una fiera difesa. Città di nobile sorte nativa, di ripetuta e rinnovata fondazione romana, la più settentrionale tra le più importanti città romane al di là del Po, estremo avamposto della civiltà mediterranea alla soglia montuosa di un’altra Europa. La storia di Como fu grande non soltanto in età antica: forse ancor più cospicua fu la sua capacità di inventarsi una sua sorte in età medievale, interpretando a modo suo gli aspetti più diversi della grande epopea comunale, schierandosi più volte dalla parte imperiale, con Federico Barbarossa.
Città vescovile, con radicale e ferma intenzione di libertà repubblicana, pronta all’estrema resistenza e anche ad audaci sortite di lotta. Traccia di tale “epopea vescovile” sono i resti del Palazzo del Vescovado, uno dei più insigni esempi di architettura civica in stile romanico. Città comunale con sagace articolazione statutaria, ma anche con forte consapevolezza associativa della sua popolazione, raccolta in quartieri, e in contrade, con aperta proiezione verso le terre dei dintorni, di là delle quattro porte delle mura (distinte dai segni del bue, dell’orso, dell’aquila e del leone).
Como fu anche città di mercanti: città non solo di traffici (per terra lungo la famosa Via Regina e per via d’acqua), ma anche di fortune accortamente investite in attività, prima fra tutte quella della seta e fino a non molti anni fa fu la capitale, tanto da essere insignita quale “città della seta”. Nel cuore di Como la fortuna storica della città mercantile fa corpo in quell’inscindibile binomio architettonico del Duomo (la cui realizzazione iniziò nel 1396) e del Broletto (1215), accomunati da una stessa storia costruttiva. Conserva al suo interno un monumentale altare ligneo del XVI° secolo dedicato a S. Abbondio. Nella sua nobile e ben ritmata magnificenza monumentale, il Duomo sta lì, tra sobrie e belle case, con i muri orditi in travi lignee e mattoni oblunghi che gli facevano corte attorno, a costituire un tesoro civico murato nel marmo, come fosse inciso nel diamente. Di grande rilievo è la decorazione scultorea della facciata, opera prevalentemente della bottega di Giovanni Rodari e dei suoi figli, probabili autori delle statue dei due Plinii, il Vecchio e il Giovane, entrambi emblemi di una delle più illustri dinastie familiari di cultori di scienza di tutta l’antichità. Della città medievale resta la torre principale del Castello Baradello, che domina tutto il territorio dell’altura di Camerlata. Dalla Porta Torre del 1192, antica porta di ingresso della città, si intravedevano Torre Gattoni e Torre Vitali, da quest’ultima origina una strada che porta al Museo Archeologico Giovio, dove si conservano i reperti dell’età del bronzo e del ferro.
Importante da vedere è anche Piazza San Fedele, vero cuore e punto di riferimento della città sin dal medioevo. Interessante vedere anche la Basilica romanica del XI° secolo dedicata a Sant’Abbondio; essa è impreziosita da un ciclo di affreschi trecenteschi. Lo stile romanico si ammira anche nelle Basiliche del XI° e XII° secolo di San Carpoforo e di San Fedele eretta nel XII° secolo. Del periodo barocco ricordiamo la Chiesa dell’Annunciata, la Chiesa di San Giorgio e la Chiesa di Santa Cecilia. Da non dimenticare infine la Villa Carminati, la seicentesca Villa Gallia, l’austera Villa Parravicino e la floreale Villa Carlotta del XVIII° secolo. Como è una città di cultura, una metropoli con una propria architettura ben riconoscibile. Non a caso è città capitale di una “sua” arte, la “romanica-comasca”, che costituì una peculiare ed inconfondibile “Singolarità artistica” entro quella maniera dell’architettura che fiorì sulle rive le Lario e opera dei Maestri Comacini.